mercoledì 30 novembre 2011

Chi mi ha ucciso?


Chi mi ha ucciso?
di Giovanni Pistoia


Intrigante, sornione, ben scritto, leggero ma tutt’altro che banale: parlo di “Diecipercento e la gran signora dei tonti” di Antonella Di Martino (Autodafé, 2011). Un romanzo elegante, sobrio, lineare. “Passo il tempo con le immagini e le parole, di carta e di bit”, dice di sé l’autrice: questo libro, in effetti, ne è la prova. Il volume è anche tipograficamente e graficamente ben curato.
  

Ora, mi pongo un problema: come dire della trama di questo libro senza ucciderlo? senza, in sostanza, svestirlo del suo velato mistero? senza rubare qualcosa al lettore? Il libro ha un suo fascino, che va sorseggiato pagina dopo pagina; non posso rovinarlo. Dirò appena qualche parola.
C’è di mezzo un cadavere: non è un noir, un poliziesco. Non ci sono scene raccapriccianti. C’è un funerale. Il morto, ormai nella bara, ha abbandonato la terra in maniera drammatica: lo hanno trovato con il volto sfigurato, un colpo di fucile in faccia, mentre era a caccia con il suo fedelissimo cane. Ma il signor Diecipercento, un nome singolare, più che un progetto politico (politico?), uno stile di vita, una filosofia esistenziale, pur morto, non ha ancora varcato la soglia del nuovo mondo. Assiste, interessato, al proprio funerale. (Un desiderio di tanti: chi è che non vorrebbe partecipare al proprio funerale? Vedere l’effetto che fa. Il paradosso è che proprio il protagonista dell’evento non può prenderne parte. Tutti possono andare e lui no. Vengo anch’io? No, tu no! Certo che la morte è più strana della vita! Ma queste sono mie digressioni, il libro non c’entra). Il nostro Diecipercento, però, grazie alla penna-tastiera di Antonella Di Martino, osserva tutto e tutti. E si diverte, lui che si era divertito per tutta la vita.

In chiesa, vede una nipote, che si era allontanata da lui ormai da tantissimo tempo: due stili di vita opposti. La nipote non ha mai condiviso il comportamento, come dire, truffaldino, dello zio: troppo pieno di sé, narciso, senza coscienza, politico senza regole (o, meglio, con le sue non regole!), amante del denaro, del potere, delle belle donne. Eppure la nipote ha sempre avuto un certo affetto per questo zio. Non crede al suo suicidio, come, invece, sostengono i familiari più stretti. Impossibile che un uomo pieno di vita, e innamorato della sua vita, abbia potuto compiere un’azione del genere. Vuole indagare. Non sa perché, ma vuole la verità. Lo zio morto intuisce ciò. E la segue nei suoi movimenti, come fantasma, ovviamente, perché anche lui vuole sapere della sua morte. Chi lo ha ucciso, e perché? Deve scoprirlo, è un po’ come far quadrare il bilancio di quella sua avventurosa vita terrena; poi potrà, scortato dagli angeli, allontanarsi nel suo nuovo mondo, che è posto di là dal cielo.

Basta, non dico più niente: il romanzo è un’indagine. Non c’entra la polizia né qualche aula di tribunale, né, per fortuna, c’è il sentore televisivo di quei lunghi, chilometrici, farneticanti investigazioni pseudo giornalistiche. È anche un viaggio: per dove? nell’individuo? nella società? Non parlo. Sono muto!
Però, un appunto alla brava Antonella, mi permetto di farlo. Il libro finisce così: l’angelo accompagnatore comunica allo zio, udite udite, cosa c’è dall’altra parte. L’autrice non lo dice! Perché sei così cattiva? Cara Antonella (spero che la scrittrice mi perdoni questo tono confidenziale!) se sei a conoscenza della cosa, comunicacelo, mandaci un messaggino su face-book, dal momento che nel tuo libro fai più volte riferimento alla rete, oppure dobbiamo aspettare il prossimo romanzo? Nel qual caso, non farci stare per troppo tempo in ansia. Meglio scoprirlo da te che dall’angelo accompagnatore.
Buona lettura.

Antonella Di Martino
Diecipercento e la gran signora dei tonti
Autodafé Edizioni
Milano 2011

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