domenica 29 maggio 2011

L'ultimo raggio di Giovanni Pistoia (trad. in catalano di Teresa Guiluz)



L’ultimo raggio
di Giovanni Pistoia

Nuvole.
Cupe e taciturne
fanno da tetto al mio paese
nell’ora del tramonto.

Laggiù
sulle cime del Pollino
un timido raggio di sole
resiste.

Si nasconde nel tepore delle acque
si culla tra placide onde.

Nuvole cupe e taciturne
si riflettono nel mare,
lo avvolgono succhiandone l’azzurro.

E resiste
l’ultimo raggio
nell’ora del crepuscolo.



L’ùltim raig
di Giovanni Pistoia
trad. in catalano
di Teresa Guiluz

Núvols.
Foscos i taciturns
fan de sostre al meu poble
a l’hora de la posta.

Allà baix
sobre els cims del Pollino
un tímid raig de sol
resisteix.

S’amaga en la tebior de les aigües
es bressa entre plàcides onades.

Núvols foscos i taciturns
es reflecteixen en el mar
l’embolcallen xuclant-ne el blau.

I resisteix
l’ùltim raig
a l’hora del crepuscle.

La passione ... di Baltasar Gracian

sabato 28 maggio 2011

I bu di Tonino Guerra


I bu
Tonino Guerra


Andè a di acsè mi bu ch' i vaga véa,
che quèl chi à fat i à fat,
che adèss u s'èra préima se tratòur.
E' pianz e' cór ma tótt, ènca mu mè,
avdài ch'i à lavurè dal mièri d'an
e adès i à d'andè véa a tèsta basa
dri ma la córda lònga de mazèl.



I buoi
Tonino Guerra


Andate a dire ai buoi che se ne vadano
che quello che han fatto han fatto,
che adesso si ara prima con il trattore.
Piange il cuore a tutti, anche a me
nel vedere che hanno lavorato per migliaia d'anni
e adesso debbono andare a testa bassa
dietro la corda lunga del macello.

El cómplice di Jorge Luis Borges



El cómplice
Jorge Luis Borges


Me crucifican y yo debo ser la cruz y los clavos.
Me tienden la copa y yo debo ser la cicuta.
Me engañan y yo debo ser la mentira.
Me incendian y yo debo ser el infierno.
Debo alabar y agradecer cada instante del tiempo.
Mi alimento es todas las cosas.
El peso preciso del universo, la humillación, el júbilo.
Debo justificar lo que me hiere.
No importa mi ventura o mi desventura.
Soy el poeta.




Il complice
Jorge Luis Borge


Mi crocifiggono e io devo essere la croce e i chiodi.
Mi tendono il calice e io devo essere la cicuta.
Mi ingannano e io devo essere la menzogna.
Mi bruciano e io devo essere l'inferno.
Devo lodare e ringraziare ogni istante del tempo.
Il mio nutrimento sono tutte le cose.
Il peso preciso dell'universo, l'umiliazione, il giubilo.
Devo giustificare ciò che mi ferisce.
Non importa la mia fortuna o la mia sventura.
Sono il poeta.

mercoledì 25 maggio 2011

Paesaggio VIII di Cesare Pavese


Paesaggio VIII
Cesare Pavese


I ricordi cominciano nella sera
sotto il fiato del vento a levare il volto
e ascoltare la voce del fiume. L’acqua
è la stessa, nel buio, degli anni morti.

Nel silenzio del buio sale uno sciacquo
dove passano voci e risa remote;
s'accompagna al brusio un colore vano
che è di sole, di rive e di sguardi chiari.
Un'estate di voci. Ogni viso contiene
come un frutto maturo un sapore andato.

Ogni occhiata che torna, conserva un gusto
di erba e cose impregnate di sole a sera
sulla spiaggia. Conserva un fiato di mare.
Come un mattino notturno è quest'ombra vaga
di ansie e brividi antichi, che il cielo sfiora
e ogni sera ritorna. Le voci morte
assomigliano al frangersi di quel mare.

(da: Cesare Pavese, Poesie, Mondadori 1980)

Era l’alba sui colli di Sandro Penna


Era l’alba sui colli
Sandro Penna

Era l’alba sui colli, e gli animali
ridavano alla terra i calmi occhi.
Io tornavo alla casa di mia madre.

Il treno dondolava i miei sbadigli acerbi.
E il primo vento era su l’erbe.
Altissimo e confuso, il paradiso
della mia vita non aveva ancora
volto.

Ma l’ospite alla terra, nuovo,
già chiedeva l’amore,  inginocchiato.
Cadeva la preghiera nella chiusa casa
entro odore di libri di scuola.

Navigavano al vespero felici
gridi di uccelli nel mio cielo d’ansia.