lunedì 28 febbraio 2011

Il sole dei vecchi


Il sole dei vecchi
Alda Merini

Il sole dei vecchi è un sole stanco
trema come una  stella
e non si fa vedere
ma solca le acque d'argento
dei notturni favori.

E tu che hai le mani piene
d'amore per i vecchi
sappi che sono fanciulli
attenti al loro pudore.

L'ultimo sorriso del vento



L’ultimo sorriso del vento


Era una quercia. Sprizzava energia da tutte le parti. Basso e robusto. Un amicone. Di chi sto parlando? Di un vecchio conoscente della mia adolescenza. Se volete, seguitemi.

Abitavo, all’epoca, in una frazioncina vicino a una stazione ferroviaria di un ricco centro mercantile. Vagoni ferroviari andavano e venivano continuamente, di giorno e di notte. La gente, in quel periodo di tanti decenni fa, viaggiava con il treno, ora non più. I treni, ora, transitano raramente. Si viaggia con grandi autobus. In quel pezzo dello Stivale il progresso, si fa per dire, ha prodotto meno treni e più autobus. In quel periodo tanta merce si trasportava con i vagoni: legname, barbabietole, sacchi di cemento, automobili, e tanti altri prodotti. Il trasporto avviene, ora, su mezzi gommati, che sono la delizia delle nostre autostrade.

domenica 27 febbraio 2011

Il sole che ferisce



Il sole che ferisce


Il mio cielo oggi è limpido. Qualche innocente nuvoletta lentamente si muove verso nuovi orizzonti. Il sole domina incontrastato lo spazio. I suoi raggi sono caldi. Chiudo gli occhi e porgo il mio volto. Sento la pelle bruciarmi, mi accarezza? No, oggi, mi ferisce. Non so perché ma non riesco a godere in pieno la bellezza di questo giorno.

L’albero di noce, mio amico da tanto tempo, è stato recentemente potato. Selvaggiamente potato. Di quel grande affresco che era, è rimasto il tronco, grosso e tarchiato, e quattro rami nodosi, che guardano dolorosamente il cielo. Non più fronde, ramificazioni, foglie, canti di uccelli. Uno spazio vuoto che non riesco a rivestire. Aspetto solo che la natura faccia il suo corso, che le radici lunghe e antiche possano dare tanta nuova energia e l’albero ritornare a verdeggiare. 

Per l’adolescente di Brembate di Sopra (13 anni) non ci sarà più alcun sole a riscaldarla, nessun nuovo canto per le sue orecchie. Per quanti l’hanno amata e conosciuta, l’incubo di giorni che non saranno più come prima. Il suo corpo è stato ritrovato in un campo incolto, buttato tra l’erba alta, come cosa ormai inutile.

Yara, così, si aggiunge al lungo elenco delle bambine, ragazze uccise perché donne. Semplicemente perché donne. Perché il maschio possa dimostrare a se stesso di essere il padrone della vita e della morte. Perché la donna è fisicamente debole e, quindi, deve soggiacere alla forza e alla volontà del maschio.

sabato 26 febbraio 2011

Incontro la neve



Incontro 
la neve

Incontro la neve, questa mattina. È lungo i margini della strada. L’erba verde diventa bianca. I tetti di mille colori, perché da queste parti ognuno mette i tetti con i colori che vuole, sono bianchi, solo bianchi. Le montagne innevate. Come spesso avviene quando cade la neve, lo spettacolo è garantito.
Gli alberi con i fiori già accesi, segnali incoraggianti di una primavera in arrivo, si sono vestiti di fiocchi di neve, altri fiori, insomma, ad adornare la campagna che costeggia la strada. Una strada piena di dislivelli, curve, buche rattoppate alla meglio, lavori in corso; una strada che chiamano autostrada per darsi delle aree, insomma, tutto qui. Ma non c’è cattiveria in questo appellativo. Non è una usurpazione di titoli. È per sentirsi dentro la storia.

venerdì 25 febbraio 2011

In lontananza, la neve!



In lontananza, la neve!

I monti sono innevati. In pianura, però, niente neve. In pianura c’è freddo, un venticello piuttosto fastidioso, il cielo è grigio, il sole non si è affacciato. Ha preferito restare nei suoi appartamenti. Chi sa se è felice di non diffondere i suoi raggi in questa parte del mondo, in questo fazzoletto di terra sconosciuto ai più, oppure è triste per essere costretto a restare chiuso. Chi sa! 
 

L'albero delle mele d'oro



L’albero delle mele d’oro

Il giardino
e l’albero…
ai limiti del vecchio bosco
nella selva d’Esperia,
dorato luccicava il frutto
sui rami eterni…

Un luogo sacro
ove le dorate sfere di frutta,
quali soli minori,
splendevano
nelle ombrose caverne
di fogliame
così tutto
si fece più distinto.

I primi uomini
battezzarono questo luogo
e il mondo.
Inventarono per essi le parole:
giardino e albero
Poi mischiarono i nomi…
Le mele dorate
portarono un fiume
di parole…

Ho rovistato in vecchi scatoli di libri. Testi per lo più scolastici ai quali resto affezionato: poco importa se utilizzati da me o da altri, figli, nipoti o allievi. Alcuni di questi volumi, non so neanche come siano finiti nella mia libreria e, poi, inevitabilmente, impachettati e messi in un angolo. A buttarli neanche a parlarne. Buttare un libro per me è cosa assurda. Mi rendo conto che non si può conservare tutto. Mi rendo conto che conservare un testo scolastico delle medie di tanti anni fa può non avere senso, eppure… che lo facciano gli altri: io non lo butto. È più forte di me.

In questi giorni noiosi di febbraio, tempo umidiccio, sole raro, rabbia in corpo, e tanto altro ancora, mi sono imbattuto in un testo dal titolo “L’albero delle mele d’oro”. Autori, Ivana Bosio e Elena Schiapparelli. Si tratta di una “Antologia attiva per la Scuola secondaria di 1° grado”, a cura di Doriana Goglio, Edizioni “il capitello”, Prima edizione: gennaio 2003.

Leggo nella prima pagina: “Per realizzare un libro non bastano competenza, passione e creatività: occorre un lungo e paziente lavoro fatto di numerosi controlli sui testi, sulle illustrazioni e sulla relazione che lega gli uni alle altre. Per questo motivo è spesso impossibile pubblicare un libro del tutto privo di errori.”  E pensando al lavoro che sta alla base di un libro o, come in questo caso, di una antologia per giovanissimi, diventa davvero difficile disfarsene.

A pagina tre si pubblicano i versi riportati all’inizio di questo scritto. “Così un poeta – si legge nel testo – ottocentesco, Randolph Henry Ash, ha rielaborato il mito classico delle Esperidi, le divinità che custodivano l’albero delle mele d’oro.”

Le mele d’oro rappresentano, in sostanza, i frutti che illuminano l’oscurità dell’ignoranza, dando, così, la conoscenza, il sapere, grazie alla magia delle parole, al fascino della scrittura, al racconto orale. Anche se in alcuni momenti sembra che l’oscurità sia più forte della luce, bisogna sempre pensare che, per quanto buia e lunga possa essere la notte, arriva il sole e, quindi, la luce riprende il sopravvento.

La parola è forza, autonomia, libertà, e altro ancora. Amo il silenzio. Anche le parole amano il silenzio, quando è necessario tacere. Le parole vanno usate con sobrietà, mai buttate senza un attimo di riflessione. Sono belle le parole ma, se usate male, possono fare anche male, molto male. Se qualcuno mi costringe a stare muto, ebbene la voglia di gridare diventa forte. La parola si impone e vuole esprimere tutto quello che si ha dentro.

Per farla breve: mi sono innamorato del titolo di quest’antologia, dei bei versi del poeta Randolph Henry Ash, al quale mi sono dedicato con più attenzione in questi giorni, e ne ho fatto il titolo di questo blog. Niente di originale, mi rendo conto. Ma bisogna essere originali per forza?

P.S.: A proposito dell’antologia citata, è ben fatta. Per quel che possa valere, la suggerisco volentieri.

Questo l’indirizzo della casa editrice:

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