martedì 28 febbraio 2012

Garibaldi è andato via




                                                                                                       


Garibaldi è andato via



di Giovanni Pistoia
 

domenica 26 febbraio 2012

UNA VITA DI VERSI E DI SOGNI



«Io mi rifugio nella vastità
d’un melograno ch’era davanti casa
a Roseto e soleggiava beato»
 
L’obiettivo di questo scritto è, pertanto, duplice: invitare chi già conosce i meriti dell’autore di sottoporli all’attenzione dell’Accademia di Svezia; avvicinare all’opera del poeta e scrittore, che ha le sue radici nell’Alto Jonio Cosentino ma la testa tra le vette della sofferenza del sapere, della realtà e del sogno, quanti ancora non abbiano avuto modo di conoscere le sue pagine.


Una vita di versi e di sogni
di Giovanni Pistoia


Dante Maffia ha arato terre, navigato mari, solcato cieli, visitato università; si è abbeverato all’arte dello scrivere – vasta e di qualità la sua produzione letteraria; tradotto in più lingue; poeta tra i più complessi e profondi e graffianti degli ultimi decenni … eppure, nella vastità dei suoi orizzonti culturali e di esperienze, egli porta con sé (una maledizione? una benedizione?) il suo mare, i cieli d’origine, le sue rupi, i calanchi, il dolore e i colori della Calabria e del suo paese.
Negli spazi indecifrabili delle metropolitane americane, Maffia avverte il profumo del basilico di casa sua. Nel ritorno dalla Grande Mela, dove è stato ospite gradito di alcune università (Filadelfia, New York, Albany, San Francisco), con nella testa ancora gli incontri culturali di ampio respiro, egli non sa che rifugiarsi nella vastità d’un melograno che era davanti casa a Roseto, suo paese nativo; lì dove, nella superba fantasia del poeta, il mare non si adira mai e mai si spaventa.
 

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sabato 25 febbraio 2012

Dante Maffia. Il poeta tra le macerie del mondo intervista di Anna Manna



Dante Maffia. Il poeta tra le macerie del mondo
intervista di Anna Manna


Io non sono capace di intervistare Dante Maffia! La verità è questa! È inutile mentirsi ad oltranza. Non ne sono capace. Ho provato mille volte, l’avvio giusto, le domande indovinate, l’equilibro assicurato! L’equilibrio? Ma si può cercare un poeta vero e restare in equilibrio? È proprio questo che succede quando m’imbatto nei suoi versi. Traballo, perdo l’equilibrio, incomincio a sentirmi timida. E Dante è un amico, dovrei sentirmi tranquilla e sicura a parlare con lui.
Amico da tanti anni, amico di altri amici. Eppure perdo l’equilibrio. Non sono capace di studiarlo, di analizzarlo, di porgere domande davanti ai suoi versi. Come un pittore incapace di fermare il mare in movimento, come un flautista che non riesce ad incantare il serpente.
Lui, il poeta, spennella un po’di rosa ciclamino (una delle sue immagini più riuscite) e rende il mondo più fresco! Ecco Dante io ti invidio, invidio la tua arte così naturale in te, così immediata. È inutile tentare di somigliarti, è inutile tentare di catturare i tuoi meravigliosi congiuntivi. Allora voglio provare ad intervistarti con questa invidia che mi rende fragile e questo ammaliamento per la tua poesia che mi stupisce. Un lupo del verso! Abilissimo, scattante e fiero.
C’è una fierezza arcana, atavica nelle emozioni di Dante. Una dignità di profondità e di silenzi rappresi, quando racconta di storie finite, di vite trascorse e poi d’improvviso s’accende di nuovo il respiro del mondo in un’immagine vivificante, fresca come i suoi ciclamini appena sbocciati.

PER LEGGERE TUTTA L’INTERVISTA:

venerdì 24 febbraio 2012

La donna che parlava ai libri di Dante Maffia



La donna che parlava ai libri di Dante Maffia
di Giovanni Pistoia




«No,
il silenzio era semplicemente la dimensione del divino
che entrava nell’umano.
Non era il contrario di niente.»


«Se volgo lo sguardo al Sud – un Sud ideale e cosparso di ragnatele, di ombre, di allucinazioni, di dolori impeciati alla quotidianità, di inconsapevoli furori senza mete – vedo una finestra immensa aprirsi e mostrarmi le fonti della vita. Riascolto le voci di Talete, Demostene, Anassimandro, Anassimene, Eraclito, Gorgia, Pitagora, Archita.
Acqua, terra, fuoco, e un canto audace di zolle e di sterpaglie, una voluttà di tinte che s’azzuffano e s’incendiano per poi prendere forma di fanciullo appena nato. È forse una mano aperta, un nido, o una bara che aspetta il visto per Delfi? »

 Come mi capita con i libri che agguantano, ho letto due volte il volume di Dante Maffia “La donna che parlava ai libri” (EdiLet, Edilazio Letteraria, Roma 2010). Alcune parti anche più volte. Perché? È forse stato per me di difficile comprensione? No. È un libro godibile sin dalla prima pagina, la lettura si snocciola con grande facilità. Ciò è una virtù ma anche un grande limite: il rischio per il lettore frettoloso è di lasciarsi incantare dalla scrittura forbita, elegante, raffinata, ricercata e, di conseguenza, non gustare tutte le delizie che nascondono le pagine. L’invito, se mi è possibile avanzare un timido suggerimento, è di leggere il testo di Maffia con pacatezza, seduto serenamente su un divano o all’ombra di un albero folto, ora che arriva la primavera.
 

BOLOGNA/ La donna che parlava ai libri


Bologna
Università “Primo Levi”

La scrittura nel nostro tempo

Una lezione d’autore

Dante Maffia
La donna che parlava ai libri
(Edilet – Edilizio Letteraria 2010)

Ne parleranno con l’autore:

Fosca Andraghetti, Laura Rebecchi, Anna Rocca
del Gruppo di lettura “Primo Levi”

sabato 10 marzo 2012
ore 15,30
Sala Conferenze
via Azzo Gardino, 20/C
Bologna

BOLOGNA/ Dante Maffia all'Università "Primo Levi"

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martedì 21 febbraio 2012

Brancaleone, visita alla casa che ospitò Pavese di Dante Maffia





Brancaleone, visita alla casa che ospitò Pavese
di Dante Maffia


a Pino Furferi

M’accoglie un vecchio signore smarrito
che pare arrivato da mari lontani.
Gli treman le mani, ha un unto berretto sgualcito
e gli occhi perduti in ricordi lontani.

La stanza è una povera cosa lasciata a perire
dentro una polvere lieve, in un cauto abbandono.
“Eh, alla sorella scriveva del dolce frinire
delle cicale, chiedeva con smania in dono

-ma presto- una cassa di libri. La vede?
La cassa è rimasta, ma è vuota. Io ho comprato
i suoi libri … non, non l’ho letti, che crede,
che io abbia avuto mai tempo di stare malato

un sol giorno? Sopra la porta è attaccato
un foglio con delle notizie essenziali.
Era un povero figlio assai triste, ammalato,
con mille problemi, coi mille suoi mali”.

Il mare ora è chiuso da un muro, da alberi assenti.
Non s’ode neppure il suo grido, la voce è perduta
nei cupi meandri di pagine … “Pino, non senti
il suo fiato?”. “Ecco una foto, l’ho avuta

da poco da una venuta … chissà… da Torino,
forse; aveva un aspetto elegante e gli occhi neri.
In braccio stringeva amorosa un bambino.
No, non ricordo, due mesi fa, forse ieri…”.

Il vecchio si tocca la fronte. “Pavese, Pavese!
Nessuno poteva pensare che fosse scrittore.
Mangiava del pane raffermo e senza pretese
beveva il suo latte come bevesse un dolore.

Fortuna che c’era quella ragazza a dargli conforto,
che l’accudiva e gli offriva un barlume di grazia.
Diceva la giovane: ‘Dei giorni sembra ch’è morto,
per lui lo scirocco è una vera e propria disgrazia’”.

Tossisce. Si tocca ancora la fronte. Il poeta non c’è.
Forse non c’è mai stato. Il Bar Roma adesso
è pieno di gente che gioca a tressette. Perché
dovrebbe sapere di quel langarolo e del brutto processo

patito dal povero cristo che poi diventò… Ma dai,
la storia si fa col senno di poi. Pavese
era uno dei tanti, uno a cui mai
avresti fatto credito d’immortalità. Non chiese

un solo favore, si dice Brancaleone, non si piegò
a niente e a nessuno. Leggeva e scriveva. Guardava il mare
e quando un giorno per caso avvistò
una barca arrivare si chiuse a riccio. Che fare

per aiutare un ragazzo così solitario? È accertato
che spesso parlava tra sé, coi fantasmi. Un oscuro
presagio lo corteggiava. Poi una stella gli cadde sul prato.
Fu quella che presto divenne il suo porto sicuro.

(in: Dante Maffia, Sbarco clandestino, introduzione di Lina Sergi, prefazione di Nicola Merola, Tracce edizioni, Pescara 2011)