«Io mi rifugio nella vastità
d’un melograno ch’era davanti casa
a Roseto e soleggiava beato»
L’obiettivo di questo scritto è, pertanto, duplice: invitare chi già conosce i meriti dell’autore di sottoporli all’attenzione dell’Accademia di Svezia; avvicinare all’opera del poeta e scrittore, che ha le sue radici nell’Alto Jonio Cosentino ma la testa tra le vette della sofferenza del sapere, della realtà e del sogno, quanti ancora non abbiano avuto modo di conoscere le sue pagine.
Una vita di versi e di sogni
di Giovanni Pistoia
Dante Maffia ha arato terre, navigato mari, solcato cieli, visitato università; si è abbeverato all’arte dello scrivere – vasta e di qualità la sua produzione letteraria; tradotto in più lingue; poeta tra i più complessi e profondi e graffianti degli ultimi decenni … eppure, nella vastità dei suoi orizzonti culturali e di esperienze, egli porta con sé (una maledizione? una benedizione?) il suo mare, i cieli d’origine, le sue rupi, i calanchi, il dolore e i colori della Calabria e del suo paese.
Negli spazi indecifrabili delle metropolitane americane, Maffia avverte il profumo del basilico di casa sua. Nel ritorno dalla Grande Mela, dove è stato ospite gradito di alcune università (Filadelfia, New York, Albany, San Francisco), con nella testa ancora gli incontri culturali di ampio respiro, egli non sa che rifugiarsi nella vastità d’un melograno che era davanti casa a Roseto, suo paese nativo; lì dove, nella superba fantasia del poeta, il mare non si adira mai e mai si spaventa.
Ho letto, per anni, nel silenzio più assoluto, gli scritti di Maffia. La sua produzione letteraria attraversa vari registri e stili: poesia, saggistica, narrativa, per approdare, dal 1990 in poi, alle stupende pagine della poesia dialettale. Non poche accreditate voci hanno affermato, e affermano, che egli sia uno dei poeti più autorevoli degli ultimi anni. Non mi sono mai piaciute le graduatorie dei poeti; mi piace, però, ricordare che si sono occupati di Maffia poeti, letterati, critici prestigiosi: Aldo Palazzeschi, Giuliano Manacorda, Leonardo Sciascia, Dario Bellezza, Mario Luzi, Claudio Magris, Alberto Moravia, Giuseppe Pontiggia, Maria Marcone, Giacinto Spagnoletti, Giulio Ferroni, Carmine Chiodo, e tanti altri ancora.
Certo è che la poesia di Maffia sussurra, grida, impreca, emoziona, graffia, scalfisce e colpisce. Pone domande, bussa al cuore del lettore, dà nuova linfa, esalta e commuove.
Il suo è uno stile inconfondibile, la passione della scrittura e per la scrittura si annida in ogni parola.
La sua produzione poetica, narrativa e saggistica si muove a trecentosessanta gradi con una lucidità accattivante, con acume e sensibilità coinvolgente; era naturale, quindi, che fosse tradotto in varie lingue straniere (russo, spagnolo, inglese, tedesco, serbo croato, svedese, ungherese, bulgaro, greco, cinese, arabo, portoghese, addirittura latino).
Produzione avallata da importanti critici e scrittori: Givone, Bevilacqua, Maraini, Ghidetti, Ferroni, Sansone, Bodei, Stella, Zavoli, Contorbia, Tesio, Risi, Luzi, Merola, eccetera…) e che vincesse tanti premi nazionali, come il “Tarquinia-Cardarelli”, l’”Alfonso Gatto”, il “Viareggio”, il “Circe-Sabaudia”, il “San Vito al Tagliamento”, l”Acireale”, il “Giacomo Matteotti”, il “Montale”, il “Città di Venezia”, il “Fiorino d’Oro”, per citarne soltanto alcuni, oltre al riconoscimento sommo, Medaglia d’Oro per la Cultura Italiana, ricevuto dalle mani del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi nel 2004.
Parecchi studenti di varie università italiane e straniere (Roma Sapienza, Roma Tre, Roma Tor Vergata, Salerno, Napoli, Calabria, Pavia, Siena, Ginevra) si sono laureati con delle tesi sull’opera di Dante Maffìa e sono già una mezza dozzina le monografie a lui dedicate da studiosi di alto livello, come Reina, Di Carlo, Salerno, Iacopetta, Mercogliano.
Ci sono almeno cinque testi di Dante Maffìa che sono dei veri e propri capolavori: Lo specchio della mente (poesia), La Biblioteca di Alessandria (poesia), La strada sconnessa (poesia), Un lupo mannaro (narrativa), Il Romanzo di Tommaso Campanella (narrativa), che dovrebbero essere conosciuti in tutto il mondo per la purezza e la profondità del dettato, per come sono affrontati argomenti cardini del consorzio umano.
Per tutto ciò, con Francesco Perri, amico di lunghissimo corso di Dante Maffia, ho pensato di invitare i tanti amici, lettori e recensori di Maffia, i visitatori del blog, i calabresi sparsi e dispersi in tutto il mondo, a segnalare all’attenzione dell’Accademia di Svezia la vasta e notevole produzione letteraria del poeta e scrittore calabrese che ha, nel suo DNA, la magistrale tradizione della Magna Graecia.
Infatti, scrive Lina Lo Giudice Sergi, nella sua bella introduzione a “Sbarco clandestino” (Tracce 2011):
«Maffia è Maffia, ma anche Socrate, Bruno, Campanella, Telesio, Borges, Canetti, Calvino e lo troviamo nella molteplicità degli specchi in cui si riflette e si trasforma la sua immagine, passando dalla smorfia allo sberleffo, al grido di dolore a bocca spalancata, quasi il grido di Munch… Lo ritroviamo assorto, come in trance in una vagheggiata Biblioteca di Alessandria, carezzando i suoi libri che a migliaia ha imparato a memoria… O sorridente sulla riva del suo mare, a scrutare l’orizzonte, tagliato da piccole barche e grandi battelli, carichi di incognite, di sorprese, forse anche di paure.»
L’obiettivo di questo scritto è, pertanto, duplice: invitare chi già conosce i meriti dell’autore di sottoporli all’attenzione dell’Accademia di Svezia; avvicinare all’opera del poeta e scrittore, che ha le sue radici nell’Alto Jonio Cosentino ma la testa tra le vette della sofferenza del sapere, della realtà e del sogno, quanti ancora non abbiano avuto modo di conoscere le sue pagine.
«Solo i sogni del Poeta possono cambiare la Storia», dice Lina Sergi; e se cancelliamo anche i sogni, mi permetto di aggiungere, la Storia continuerà a seppellirci. E come afferma Dante Maffia:
Chi aspetta che il sogno finisca
è un bugiardo
che perde il suo tempo in cabbale.
Non finirà la promessa della renovatio.
26 febbraio 2012
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