Garibaldi è andato via
di Giovanni Pistoia
La salsedine ha il colore della zagara;
il profumo verde degli aranceti veleggia
verso il mare; le arance d’oro strizzano,
succose e vanitose, gli occhi al sole.
Il vento, qui, ha un andare strano: il passo
felpato di un’antica bellezza mai scalfita,
il respiro affannoso di chi si sente morire.
Qui, tra il verde robusto degli aranceti
e l’argento degli uliveti taciturni,
giacciono annose speranze deluse, sogni
di gloria addormentati. Le strade hanno rughe
profonde; le coste, ferite, franano a mare
che ingoia rabbia e dolori. Le vecchie stazioni
son tombe; i binari, muti, sopportano
treni fantasma che portano nel cuore l’angoscia.
Garibaldi è andato via; non più festeggiamenti
per l’Unità tradita, archiviati, passati a miglior vita:
ridateci, almeno, la locomotiva, - che vi costa? - quella
lunga e imbronciata che sputacchiava carbone e fumo,
i macchinisti neri neri, i ferrovieri in divisa
che fischiavano nelle stazioni di pietra; quel treno
che correva, sbuffando, annaspando, sospirando
speranza, tra gli uliveti, al vento dell’Ottocento.
Ridateci una locomotiva che vada a vapore.
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