Mio padre
di Giovanni Pistoia
E scendono dalle montagne
lentamente
come stanche tartarughe
le nuvole rosse
portando la sera e la luna. Il vento, piano,
pettina le spighe di grano.
Odora la sera di camomilla appena raccolta
e alla notte s’inchina il papavero rosso.
Le galline sono già nel pollaio
e il sole si è allontanato.
Avanza il buio con passo leggero,
la campagna si ammanta di quiete,
corre ansimando l’ultimo treno della sera.
Le tue mani sudate e indurite
ritornano tenere e morbide
tra le mie piccole dita.
Non chiedermi dove sono e cosa faccio,
se ho sogni per domani. Non saprei risponderti.
Ho negli occhi il pallore dei tuoi ultimi giorni:
troppo presto mi sei stato strappato,
e da quel giorno è svanito il mio sogno più grande.
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