venerdì 13 aprile 2012

Elio Andriuoli/ POESIE TORINESI di Dante MAFFIA




DANTE MAFFIA: POESIE TORINESI
di Elio Andriuoli



Le poesie dedicate a una città sono tra le più difficili da scrivere, perché corrono sovente il rischio, se il poeta non è esperto, di cadere nell’oleografico e nel banale. Non è stato certamente questo il caso di Dante Mafia, il quale con le sue Poesie torinesi ha dimostrato di possedere la capacità di coniugare sentimento e rigore espressivo, evocazione lirica e lucidità intellettuale in maniera molto convincente.

A Torino Maffia è vissuto in gioventù e pertanto queste sue sono poesie della memoria; e tuttavia non di essa soltanto, dal momento che egli sa legare il passato al presente, rivivendolo e attualizzandolo, sicché la Torino di ieri e quella odierna formano un tutt’uno nella sua fantasia.



Ecco allora riaffiorare da queste pagine i luoghi frequentati un tempo: Piazza Galimberti, il Caffè Florio, via Lagrange, via Po, Corso Vittorio, Superga, ecc., uniti tutti dalla suggestione del ricordo, ma anche autentici e veri, nella loro tangibile evidenza.

Si legga ad esempio una poesia come Gli scempi a Porta Nuova, che ha questo incipit: “Il tempo degli scempi s’è acquietato / in una fastidiosa attesa. Mancano alla città / i rumori delle gru, gli squarci, lo spietato / rancore di chi s’era illuso di esistere. // Nuovi commerci; bancarelle illuminate / con stoffe cinesi; una confusione di lingue / che danno l’illusione d’essere su intasate / stazioni che portano chissà dove”; e si legga Al Valentino: “Al Valentino pensavo di trovare un’atmosfera romantica, / le luci navigare sull’acqua  del Po, / la bizzarria degli alberi che fanno corona / e ridono all’impazzata per mettere allegri. // Ma le radioline guazzavano in suoni rauchi / sputando a raffiche notizie dagli stadi…”, dove l’atmosfera non è poi tanto lontana da quella attuale, se non forse per un maggior degrado odierno.

L’aspetto realistico è ad ogni modo quello che qui emerge con particolare evidenza; un aspetto che nasconde al suo fondo come una segreta inquietudine o un odio-amore per una realtà che si è scoperta diversa dalle aspettative e comunque deludente, come appare da poesie quali Falsi e cortesi: “A Porta Nuova / fui preso dal magone / che si presenta puntuale / a chi sale dal Sud nel vagone / … / C’era una luna troppo grande, / tanto che pensai d’essere salito in cielo”; e si tratta di una poesia che contiene espressioni anche forti, atte ad esprimere, come osserva Giovanni Tesio nella sua acuta prefazione al libro, uno stato di “disagio profondo, una ferita non risarcita (o l’impossibile «sutura»)”.

Questo libro è però più complesso di quanto possa a prima vista apparire, dato che, a ben leggerlo, si scoprono in esso dei momenti di più intensa emozione, come accade in Vattimo: terza lezione, che contiene questi versi: “Per ogni dove, sempre, è in agguato / il silenzio, con la sua lingua morta, / con schegge di cieli infranti” o Trasloco in via Spano, che così inizia: “Ogni trasloco scopre le carte / del rimpianto e dell’avventura. / Le stanze sono spoglie, / i marmi hanno lividi e sembrano / pianti che arricciano il naso / per il prurito. Sono loro i miei occhi; / le mani negli orli dei battiscopa”.

Ed è proprio da questo scontro tra il dato della vita concretamente vissuta (emergente con maggiore evidenza dallo stile prettamente narrativo) e l’intima commozione che talora pervade l’autore, che nasce il più delle volte nel libro in esame la scintilla della poesia. Si veda ad esempio un testo come Visita a Superga, dove ai “panini mangiati” durante una visita alla basilica di Filippo Juvarra, si contrappone la commozione che sorge nel poeta “davanti alla lapide dei calciatori morti. E si veda come a momenti di poesia schiettamente sociale, qual è quello contenuto in Mirafiori (“Si sono riuniti davanti al Piazzale / coi baveri alzati. / E’ la prima ondata di freddo; / parlano dei prezzi della nafta / e del carovita”) faccia immediatamente seguito un momento di intensa liricità, qual è quello di Mia sorella si sposa a Torino, scaturito da un intimo, intenso sentire: “Come quando / mio padre se n’andò / e mia madre a distanza. / E la casa si ridusse di luce. // Già ti cresce in cuore / la lontananza / e cieli nuovi saranno / a vederti sfiorire”.

Un libro vario e ricco pertanto Poesie torinesi di Dante Mafia; strutturato su diversi registri, ma dotato di una sua intima unitarietà, per la capacità dell’autore di fondere i momenti diversi della sua ispirazione attraverso l’efficacia di uno stile asciutto e di forte resa espressiva; moderno eppure dotato di una sua immediata comunicatività: pregi oggi sempre più rari.
Ampia e diffusa la postfazione di Rocco Paternostro e interessante la testimonianza di Dario Bellezza con cui la raccolta si chiude.

Elio Andriuoli
“POMEZIA-NOTIZIE”, Marzo 2012

Dante Maffia, Poesie Torinesi,
Lepisma, Roma 2011

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