mercoledì 20 aprile 2011

E i bambini lo chiamano albero arcobaleno




E i bambini lo chiamano
albero arcobaleno


Il cielo è un immenso e disteso manto stellato. Una luna severa e rotonda emana una luminosità aggressiva, quasi a voler scrutare ogni angolo del firmamento e tenere sotto imperioso controllo ogni anfratto della terra. In una montagna lontana, silenziosa, sulla quale s’inerpicano abitazioni di pietre, gli alberi nudi distendono i rami in una pietosa preghiera verso un cielo muto. L’autunno ha spazzato via, ancora prima dell’inverno, la memoria del verde, i colori di un fiore, la geometria delle foglie.
Non molto lontano dal piccolo villaggio, aggrappato a una costola della montagna, un albero gigante, inghirlandato a festa, troneggia tra fantasmi imploranti. È un’esplosione di verde, di fiori, di gioia. Gli abitanti del posto, in particolare i bambini, lo chiamano albero arcobaleno, sempreverde, semprefiorito, scintillante e vezzoso nei suoi mille colori.


Bum… bum… bum… e il silenzio del mattino è scosso da secchi spari di un non lontano fucile nel boschetto vicino al villaggio ancora assopito. Susy, con la sua pesante cartella di libri e quaderni, è da poco fuori di casa, sulla via che la porta all’edificio scolastico. Il fragore, ampliato dalla tranquillità del posto, irrigidisce le gambe di Susy e delle sue amichette. Si fermano. Non sono impaurite, temono, però, che sia accaduto qualcosa in fondo alla boscaglia. Vorrebbero abbandonare gli zaini e correre tra gli alberi della montagna. Non lo fanno. La scuola è lì, fra poco il campanello chiamerà a raccolta gli scolari del villaggio. Il maestro, alto e robusto, è sicuramente già sull’uscio a dare il buongiorno a tutti loro. Susy e le compagne riprendono il cammino con lo sguardo rivolto agli alberi e con una strana sensazione nel cuore.
A scuola raccontano tutto al maestro, che li tranquillizza. Il maestro Alfonso, che è l’idolo delle bambine, si rende conto, però, che quella mattina i suoi scolari sono distratti e allora decide di uscire dall’aula e di portare tutti nel bosco a verificare se c’è qualche traccia di quegli spari, che hanno tanto turbato.
In effetti, non tardano molto a scoprire qualcosa. Sotto un grande albero, coperta dal fogliame e da un groviglio di arbusti, una cerbiatta impaurita e dai grandi occhi a mandorla tenta, inutilmente, di scappare. È ferita. Qualcuno l’ha colpita e lei, nonostante tutto, è riuscita a non diventare facile preda. Vorrebbero portarla via ma la cerbiatta è nervosa, si dimena con forza. Diffida di tutti. Riesce con uno scatto improvviso a svincolarsi dagli abbracci premurosi delle bambine ma ricade nuovamente. Ha una ferita a una gamba e sanguina. Susy ha un’idea e la manifesta ai compagni e al maestro Alfonso. Susy ha il nonno veterinario e da qualche tempo non esercita più la professione, è troppo vecchio e non può muoversi da casa. “Ma un consiglio, di certo, lo può dare”, pensa la ragazzina.
E così tutta la compagnia, nascosta la cerbiatta sotto un grosso cespuglio, quasi coperto dall’enorme radice dell’albero gigante, si dirige verso la casa di Susy, dove il nonno, ascoltato il racconto della nipotina, ansiosa per la sorte della cerbiatta, suggerisce i primi interventi. E così Susy, tolto dall’armadio il vecchio borsone da veterinario, fa incetta di bende e medicine e, scortata dalla classe, ritorna sotto il grande albero a prestare le prime cure alla cerbiatta cercando di seguire con intelligenza e tanta premura i consigli del nonno.

Susy, da quel giorno, è lì, sotto l’albero, più volte al giorno, da sola o con le compagne di scuola, a curare la ferita della cerbiatta, che sembra in alcuni momenti gradire tanta attenzione, altre volte si mostra, invece, nervosa. Ma Susy non demorde, vede la sua cerbiatta recuperare le forze, e questo le dà fiducia. Spera che presto la cerbiatta dagli occhi a mandorla e dallo sguardo astuto possa ritornare a sgambettare tra quei boschi. C’è da augurarsi, però, che nessun bum – bum possa turbare la quiete di quei posti.
Anche su questa evenienza i ragazzi della scuola elementare del villaggio si stanno organizzando: vigileranno, perché nessuno che voglia fare del male possa passare inosservato. Hanno nei loro diari segreti tutti i numeri dei telefoni dei guardiacaccia, delle guardie forestali, dei carabinieri: all’occorrenza potranno essere utili. Tutti i ragazzi del villaggio si sono scambiati i propri numeri telefonici, pronti a darsi l’allarme con uno squillo, un messaggio, in caso di presenze sospette.

Un pomeriggio di qualche settimana dopo il ferimento, Susy ritorna, come fa ormai quasi tutti i giorni, sotto il grande albero. La sua cerbiatta non c’è più. La cerca, angosciata, nella fitta vegetazione. Le compagne setacciano il bosco: della cerbiatta nessuna traccia. Temono che le sia capitato qualcosa di brutto. Susy racconta tutto al nonno, che, invece, si mostra sereno e pensa che, prima o poi, la cerbiatta si farà vedere. Ma non è così.
Passano i giorni e le settimane e Susy, che spesso ritorna in quel bosco, non incontra la sua nuova amichetta. Avverte, a volte, un calpestio di foglie lungo il suo passaggio, passi felpati, che l’accompagnano lungo i viali del parco. Sembra vedere delle ombre dietro grandi cespugli. Le sembra che sguardi misteriosi siano puntati su di lei, sguardi che, però, non riesce a incrociare.
Le passeggiate con le compagne e i compagni del villaggio sono un po’ malinconiche, particolarmente ora che l’autunno sta portando via il verde, i fiori e i profumi.

Una mattina il villaggio si sveglia sotto un manto di neve. I ragazzini corrono elettrizzati per le vie, e si ritrovano, felici, nel piazzale della scuola a far festa. La neve non è una novità sulla montagna ma quella è la prima della stagione. Gli alberi, nudi, si lasciano accarezzare dai fiocchi di neve.
In lontananza, non tanto da passare inosservata, Susy vede un’ombra muoversi, agitarsi: è una cerbiatta, che, con un musetto birichino e gli occhi scaltri, guarda attenta verso la scuola. Susy si lascia sfuggire un grido di stupore. Tutti corrono verso la cerbiatta, che, vistasi scoperta, si allontana velocemente. Ma Susy si dà all’inseguimento e dietro di lei tutti i bambini del villaggio. Si ritrovano, così, sotto l’albero, dove la cerbiatta ferita fu protetta e curata, e lì la sorpresa è davvero grande. È l’unico albero di quella montagna completamente coperto da foglie verdissime, ricco di fiori dai tanti colori, luminosissimo sotto i raggi del sole e ancora più bello vestito di neve.

Quando il bosco perde i colori, le foglie, i fiori; quando non è più ospitale, quell’unico maestoso albero della cerbiatta ferita, coccolata e curata, è sempreverde, è semprefiorito. Basta solo quell’albero a dare luce, colori, fiori, musica e magia a quella grande montagna e al suo piccolo villaggio. E i bambini, che sotto il suo ombrello protettivo vanno a giocare, lo chiamano albero arcobaleno. E la simpatica cerbiatta, tra uno scherzetto e l’altro, fa loro compagnia.


E i bambini lo chiamano albero arcobaleno
di Giovanni Pistoia
disegni di Cosimo Budetta
20 aprile 2011


NOTA
Il racconto è apparso per la prima volta nella rivista “Mondiversi” (anno III, n. 3, aprile 2005). È pubblicato con lo stesso titolo nel volume: Giovanni Pistoia, Rovi e ali di farfalle, Fondazione Carmine De Luca/mondiversi, ottobre 2006.
Ripreso da alcuni siti web: www.mondiversi.it; www.fondazionedeluca.it; http://giovannipistoia.blogspot.com. È riproposto con leggere variazioni.

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