lunedì 12 settembre 2011

Il tempo la fotografia il fotografo



Il tempo la fotografia il fotografo
di Giovanni Pistoia


La fotografia non sconfigge il tempo, però lo ferma, lo immobilizza. E non è cosa da poco. Forse sta anche in questo la forza e il fascino di una foto. In quella foto, e solo in quella, è inciso un istante irripetibile: come è irripetibile il fiocco di neve che diventa ghiaccio sui mandarini; il sorriso unico di una ragazza; la tortora pensierosa su di un ramo; l’onda placida che schiuma sulla spiaggia; il chiarore roseo di una timida luna; il sonno del paese sotto la neve; il volo di un uccello; le urla delle Twin Towers dell’11 settembre; la tenerezza di un bambino e il rosso di un fiore.
  

La foto, si sa, è anche creatività, poesia, fantasia, modificatrice della realtà: sulla spiaggia sferzata dal vento e dal cielo cupo, cabine oscillanti sembrano vestire i colori d’agosto; una bambola abbandonata ritratta come una sirenetta sognante, che non ascolta la spuma del mare; una vecchia casa cantoniera si accende di rosso, mentre sullo sfondo il giallo lambisce le montagne; da un campo di papaveri rossi affiora, come d’incanto, un villaggio di cartapesta; una bimba impastata di cioccolato non ascolta la mamma, che invoca il suo nome.

La foto è anche strumento per carpire il bello, che, a volte, sfugge all’occhio di un osservatore distratto: si capisce nell’ammirare i dettagli di un aristocratico salone, oppure indugiando su un prato verde tappezzato di piccolissimi fiori gialli attraversato da uliveti sempreverdi, guardando i particolari di un portone di una vecchia chiesa diroccata.

Ma la foto può anche esprimere denuncia: un barcone di essere umani lasciati in balia del mare, sentieri archeologici prigionieri di sterpaglie e recinzioni; cumuli di rifiuti di mille colori sotto una gigantesca mimosa gialla; un accampamento di vecchi cartoni per immigrati in un verde giardino di agrumi; una città divorata dal cemento; un bosco che diviene una torcia di fuoco.

Potenza della fotografia: essa fa in modo che un’immagine, un’espressione unica che non si ripeterà sia conservata, sottratta all’oblio, offerta allo sguardo di tanti. Insomma, fermare il tempo. Fermare il tempo non è cosa da poco, è l’aspirazione profonda di tutti gli uomini ma il tempo, gran furbacchione, attraversa calendari e agende, orologi e appuntamenti, compleanni e accadimenti vari, irride alle ore, alle lancette, che a guardarle ti prendono in giro.
Ma sapete perché il tempo si lascia fermare? Perché è vanitoso, ama farsi fotografare, desidera essere immortalato. Il tempo vuole essere immortalato pur essendo immortale. Nasce così una curiosa intesa tra il fotografo e il tempo: il fotografo fissa un istante e il tempo si mette in posa e lascia fare. Quando il fotografo rivede quell’istante, appena dopo, attraverso la sua macchina fotografica, quell’attimo non c’è più. È passato, non ritornerà mai più. E il fotografo ha il cuore pieno di gioia, è felice come un bambino in festa per avere fissato quell’istante, averlo fermato per i giorni che verranno.

Intanto il tempo, sornione e perverso, sguscia via lasciando il fotografo nell’illusione di averlo, sia pure per un piccolissimo momento, bloccato e, addirittura, colloquiato con lui. Ma è solo un’illusione? La sfida tra il fotografo e il tempo continua, a suon di tic-tac e clic. Nel tempo.


Il tempo la fotografia il fotografo
di Giovanni Pistoia
L’albero delle mele d’oro
12 settembre 2011

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