venerdì 9 settembre 2011

IL POETA di Dante Maffia



IL POETA
di Dante Maffia


Il poeta ha tutte le nature, animale, vegetale e fantastica unite insieme per il trionfo dell’armonia. Non domandatevi di quale armonia si tratta: è l’accordo del proprio essere con l’essere universale, la magia del sorriso che si scambiano il singolo e l’universo. Il poeta esiste nella sua totalità, nel suo fulgore e nella sua sapienza infinita soltanto quando esce di scena e riesce a diventare forma di un sogno che fa lievitare tutti gli altri sogni.



Il poeta è servo e imperatore a un tempo, virgulto e compiutezza, dissonanza e fragore che cerca anelando una radura per meglio guardare in faccia la verità. Ma anche in questo caso non si sa bene di quale verità si tratti. Egli è errabondo e radicato nel suo territorio, è riconoscibile immediatamente ed è estraneo, così lontano da diventare vento e sole ruggine e profumo aquila e passerotto senza cambiare mai pelle.

Il poeta è dio e la negazione di dio; patria e disconoscimento della patria, tentazione e prevaricazione, proiezione nel futuro lontano, così lontano da dare l’impressione che emozioni e suggerimenti siano appena un gioco della fantasia. Egli è il supremo cantore della realtà e proprio nel mentre la canta la ricompone e la rifà diversa, imprendibile, come un’orma che si cancella subito dopo per diventare processo del divenire. Ecco perché è talmente semplice e innocente da apparire subito enigmatico e incandescente, farfalla e drago. Egli è l’incanto che un attimo prima non esisteva, o aleggiava irrisolto, e un attimo dopo è già trascorso oltre il limite del visibile, del vivibile. Se così non fosse egli sarebbe l’interprete banale di messaggi quotidiani e non il messaggero del limpido guizzo di ciò che si deve compiere al di là di qualsiasi misura o regola prestabilita.

A volte il poeta è residuo di millenni (per questo sembra carico di presagi), strascico irrisolto di lampi che non hanno trovato la strada per esplodere. Anche in questi casi egli è faro di una connessione che tenta il saldo tra stupore e alienazione, tanto forte è la tensione per giungere a comprendere i nessi del cielo con la terra.
  

Il poeta è sempre straniero della sua anima, del suo ambiente, dei suoi sentimenti e delle sue emozioni; (straniero che fa scoperte strabilianti dove sembrerebbe che non ci sia nulla di eccezionale); se non fosse così navigherebbe nelle acque banali del risaputo, dell’ovvietà e non farebbe intravedere le oscure e lontane strade della luce impastate di pesi solenni dai quali bisogna guardarsi, ma necessari per entrare nella geometria delle ipotesi e delle sintesi dell’incanto, nella realizzazione della gioia e del dolore. E l’incanto, si sa, permette di godere con consapevolezza tutta la meraviglia nascosta nei luoghi, nelle cose, nei gesti e nelle parole delle persone, se se ne ha consapevolezza fuori dai clamori quotidiani.

Il poeta è leone e coniglio, pantano e cielo stellato, preghiera e bestemmia, vita e morte, attesa e compiutezza, deflagrazione del significato e ricomposizione dei frammenti. E’ frammento che geme di stare separato, perdita continua, ansante dilazione dei principi della forma dell’acqua, totalità di un assoluto che però vive accanto a ognuno, anche se è difficile percepirlo. Quando egli è dilatazione del senso, e invade tutte le fibre dell’anima accendendo fuochi irrazionali, diventa pericoloso, perché dà l’illusione -soprattutto ai falsi poeti e ai lettori sprovveduti- di essere entrati nella grazia della parola per esprimere perfino le sfumature delle emozioni e delle scoperte che sembrano essersi apparecchiate davanti chissà per quale miracolo. Il poeta è misura del canto, non ripetizione di fenomeni emozionali, è minatore che esercita la sua funzione per offrire al mondo un acconto di eternità. Quasi tutti però dimenticano che l’eternità vive nelle cose semplici e che le cose semplici non hanno bisogno di orpelli o di involucri per splendere legittimamente.

Il poeta vorrebbe che non si facesse confusione tra luoghi comuni e città interiori: i primi navigano in una superficie che stanca dopo pochissimo; le seconde sono possibilità infinite di forme che pretendono d’essere popolate dai discendenti della Città del Sole. Il poeta sa che una mediocre, banale poesia la può scrivere ogni volta che vuole, perché possiede la tecnica (come quella di un qualsiasi vasaio che ripete la sua operazione di lavoro) che gli permette di organizzare un manufatto secondo le regole, ma sa anche che la Poesia, quella vera, quella grande, quella che cambia la sostanza del mondo, arriva come un lampo che scioglie i grumi della terra e ne fa giardini fioriti e profumati, proficui per l’anima e, a lungo termine, addirittura per la politica, per la convivenza civile. La grande poesia, quella che afferma i principi del non essere essendo e dell’essere non essendo, nasce da corti circuiti impossibile da decifrare; è la summa di percorsi lunghi, di millenarie occasioni che si scambiano il fiato, le energie, che si scontrano e progettano di fare rivelazioni. Il guaio è  che raramente le rivelazioni della poesia sono avvistate e che ancora più raramente sono comprese, altrimenti, nonostante la punizione divina e il diniego di dio, ancora potremmo godere del Paradiso Terrestre. Perciò, non esistono regole per scrivere una poesia (una poesia vera, grande…), e neanche dinanzi al testo poi si possono ricavare, altrimenti avremmo una lunga fila di figli di Omero, di Lucrezio, di Orazio, di Tasso, di Dante, di Shakespeare e di Goethe.

Dunque, il poeta chi è?

Colui che fa rigenerare la vita dalla morte, ha scritto qualcuno. Io dico invece che si tratta di un angelo-demone che Dio ha lasciato libero quando ci fu la ribellione contro di Lui. Ma questa è retorica romantica che butto nella mischia per far discutere un po’, convinto che tutto quel che ho detto prima sia rimasto incomprensibile soprattutto ai mestieranti della letteratura (non parliamo dei politici), ai giornalisti che si piccano di scrivere versi e non hanno neppure il pudore di confessarsi almeno una volta al giorno.

Il Poeta
di Dante Maffia
(il testo è inedito)
9 settembre 2011




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